mercoledì 29 ottobre 2014

Dramma in un paese di provincia

Immaginate il classico paesino di provincia dove non succede mai niente.
Aggiungete una trovata originale per lanciare un nuovo canale dedicato a film dramatici.
Mischiate il tutto con un pubblico di ignari passanti e infine posizionate un ingenuo pulsante rosso al centro della piazza.
Il risultato è questo...


sabato 25 ottobre 2014

E ora dove andiamo? (2011)

Immaginate per un attimo un paesino sperduto in mezzo al nulla in un paese di terra brulla e sassi come il Libano.
Immaginate ora che i loro abitanti vivano lontani da tutto e da tutti quasi come se fossero dimenticati dal resto del mondo e non sappiano nemmeno cosa stia succedendo attorno a loro.
Aggiungete uno dei grandi contrasti dei giorni nostri; quello religioso fra cristiani e mussulmani.
Ecco, questa è la ricetta per il film “E ora dove andiamo?”.
Il film per la maggior parte ironico e a tratti tragico, rappresenta uno spaccato della coesistenza di diverse tipologie di persone con diversi usi e costumi che si spartiscono un cumulo di vecchie case in un piccolissimo centro abitato ai cui estremi ci sono una moschea e una chiesa.
Un imam e un prete.
A tratti si potrebbe pensare che sia un remake di Don Camillo ma a scontrarsi qui non sono il due uomini di fede ma le persone.
La pellicola della Labaki è un grande “E Se....?” che indaga su come possano gli uomini coesistere in poco spazio e con punti di vista diversi su quasi ogni cosa.
Il film merita di essere visto perché lascia un un importante quesito sospeso nella mente di chi lo guarda e porta a pensare se davvero vale la pena, a volte prendersela tanto a cuore per qualcosa se poi, comunque, ci resta sempre lo stesso mondo da spartire.
Il messaggio non è solo religioso ma va letto in chiave più ampia domandandosi se le discussioni che nascono ogni giorno sulle differenze tra noi e chi ci sta di fronte, non possano essere un pretesto per prevaricare sul prossimo più che una reale necessità di sopravvivenza.

Personalmente, alla fine del film quando si materializza il significato del titolo, ho pensato, come credo faranno tutti quelli che lo vedranno, alle parole di John Lennon nella canzone Imagine.

Immagina che non esista il paradiso, niente inferno sotto di noi e sopra di noi solo il cielo
Immagina che non esistano i paesi, niente per cui uccidere e morire e nemmeno nessuna religione

Un ultima nota personale.
Non so chi abbia inventato le donne e non voglio dare a loro un origine divina se no il principio di questo film decade.
Tuttavia per fortuna esistono!

In conclusione chiedo a chiunque legge il mio Blog di prendersi una sera rilassante, fare spazio nella propria mente e fare un bell'esercizio morale con questo film.



giovedì 23 ottobre 2014

Per il RE!

Oggi un amico mi ha passato un link troppo sfizioso che, anche se non è l'homepage di un sito al quale tornare costantemente, merita decisamente di essere visualizzata.
Il quotidiano Il Secolo XIX (Decimo Nono) ha pubblicato una notizia inerente alle opere di bonifica da ordigni inesplosi, risalenti alla seconda guerra mondiale, dai fondali attorno all'Isola Gallinara.
Ovviamente siccome non è giusto che il governo italiano spenda soldi e soprattutto mandi i sub dei carabinieri a completare la bonifica, hanno decido di ri-reclutare i sub ormai novantenni della.... REGIA MARINA!
Ovviamente non è così ma la notizia, quando l'ho letta, mi ha fatto piangere dal ridere.
Soprattutto sapendo che per il Secolo XIX non erano nemmeno “Ordigni” ma “Ordini”.
Sotto una foto in caso il sito venga aggiornato.

Avanti Savoia!




Link:

lunedì 13 ottobre 2014

Tutankhamun's Fireball

Tutankhamon è forse il più famoso faraone Egizio.
Da quando la sua tomba venne scoperta intatta dall'archeologo britannico Howard Carter nel 1922, tesori di magnifica fattura sono stati esposti nei vari musei di tutto il mondo.
La maschera funeraria è sicuramente il manufatto più eccitante e senza prezzo trovato dentro al sarcofago del famoso faraone d'Egitto ma non è l'unico ad aver destato interesse nei media.
Infatti nascosta all'ombra di questo preziosissimo manufatto c'è stata per anni una collana con al centro una pietra preziosa intagliata a forma di scarabeo.




Da sempre i ricercatori hanno creduto che si trattasse di Calcedonio, una pietra semi preziosa.
Ma quando Vincenzo De Michele, un archeologo italiano, chiese il permesso di esaminare la pietra, si scoprì che non era Calcedonio ma...

Beh se volete saperlo dovete partire per un viaggio nel deserto del Sahara e scoprire l'affascinante storia della: Tutankhamun's Fireball.



Corto Circuito - 1986

È inutile, purtroppo credo che gli anni migliori siano ormai passati.
Gli anni in cui tutto sembrava andar bene in quelle giornate senza fine che duravano una eternità.
I cartoni animati con tutta quella violenza non mi hanno fatto diventare un poco di buono che picchia le vecchiette e ruba le autoradio e forse proprio per questo mi chiedo cosa faranno i bambini che vedo crescere con Postman Pat o Peppa Pig...
Un tempo in cui si giocava ancora con il caro vecchio Commodore 64 e i film erano meno di oggi ma migliori.
I film... e che film!
C'era cura nel dettaglio e il piacere di stupire il pubblico. Quelli erano gli anni 80.
Mitici e intoccabili figli di una epopea di vita vissuta senza tanti dei problemi di oggi e con il piacere di stare assieme e condividere.
Forse esagero perché li ho vissuti come un bambino ma non riesco davvero ad avere ricordi negativi.

Comunque questo breve post di oggi è per un film che nel firmamento della filmografia americana anni 80, è un simbolo, un'icona scintillante, uno sole verso il quale tutti ci volgiamo con venerabile rispetto per la semplicità, la gioia, l'ilarità e il piacere che dava avere questa esplosione di emozioni che solo quei film speciali davano all'epoca.
Come fare rafting nel fiume in piena dei sentimenti.
Un film che non ha niente a che fare con la cultura ma ti lascia arricchito.
Il film è “Corto Circuito”.

Niente forma antropomorfa ma cingoli al posto delle gambe.
Nessuno scatto atletico come Sonny in Io Robot.
Solo un robot che doveva sembrare come un robot e agire come tale, eseguendo solo quello che gli veniva detto di fare.
Pensate ora che questo robot possa essere animato da vita propria, da una sua intelligenza e personalità: è un sogno un po futuristico, quasi alla Asimov.
Eppure Johnny 5 sa entrare nel cuore delle persone anche se è fatto di ferro, acciaio e silicio e vi entra per restarci.
Per me rimane uno dei film più belli da vedere e rivedere.
Una chicca è la canzone finale che ho riscoperto di recente ed è abbastanza difficile da trovare su Internet: “Come and follow me” di Max Carl e Macy Levy.

Buon ascolto e ricordate “Johnny 5 è vivo!!!!”



Harrison Okene


Il post di oggi lo dedico al video recentemente rilasciato su internet del salvataggio di Harrison Okene, il cuoco del rimorchiatore Jascon-4, affondato a causa del mare mosso al largo delle coste della Nigeria mentre trainava una petroliera in avaria.
Purtroppo solo Harrison si è salvato a differenza degli altri suoi 11 membri di equipaggio.
Il video realizzato dalla telecamera del sub che stava esplorando il relitto in cerca di spravissuti merita di essere visto.
Le voci distorte dalla mistura di ossigeno e idrogeno (credo), miscela usata dai sub in immersioni a grandi profondità, rende forse un po' meno drammatico il salvataggio.
Tuttavia quando il sommozzatore vede la mano muoversi e si spaventa è un momento tanto felice quanto spaventoso allo stesso tempo (Minuto 5 e 38).
Il finale con la musica de "La Grande Fuga" è forse un po' pacchiano ma comunque , come si suol dire, tutto è bene quel che finisce bene.


venerdì 10 ottobre 2014

Lindsay Stirling

Qualche mesetto fa parlavo con Betrand in una delle nostre solite chat. Per solite intendo molto tardi nella notte, in quella che definisco una fascia protetta in cui oltre alle solite cose si parla anche di qualunque soggetto e per caso, proprio quella sera ci trovammo a parlare dello stesso artista mentre parlavamo di video game.
Infatti lo stesso giorno avevo visto un episodio di Reality Check, una rubrica di Gamespot, che trattava la musica nei videogames e uno degli artisti che comparivano associati con essi era proprio Lindsay Stirling che per la prima volta vidi, vestita da Link (personaggio di Zelda), muoversi per boschi e castelli brandendo un violino.
Curioso cercai altri video e inevitabilmente finii sulla sua pagina di Youtube.
Con Betrand condividemmo non solo le graziose fattezze fisiche della artista ma anche il fatto che non sono molti gli artisti di un certo livello che si associano ai videogames e infatti l'unico altro esempio che mi venne in mente fu Steve Vai e la colonna sonora di Halo.
Ad ogni modo il giorno dopo approfondii la conoscenza della sua musica registrandomi al suo canale e vedendo video e backstage e avendo cosi una idea un po' più umana di chi tiene in mano l'archetto.

La mia mente è andata indietro nel tempo fino alle medie quando ascoltai per la prima volta un mio compagno di classe suonare il violino.
Non solo ma anche crescendo più volte ebbi la possibilità di vedere questo inusuale strumento musicale prendere piede nella mia vita in un era dominata da batteria, basso e chitarra elettrica.
Pensavo alla volta che prima a Gardaland e poi al Cowboy Guest Ranch vidi Anchise Bolchidestreggiarsi con lo stile country o a quando scoprii i vinili di Rondo Veneziano o Concerto Grosso dei New Trolls.
Quella fusione di strumenti classici con sintetizzatori e strumenti moderni mi ha sempre affascinato e nel tempo si è ritagliata una fetta sempre più ampia nelle mie passioni per questo stile di musica e per una persona che ama avere la giusta colonna sonora quando scrive o viaggia è il regalo più bello poter avere un nuovo ricordo associato ad una nuova canzone.
In fondo scrivere, sognare e viaggiare sono modi per ricordarci che siamo vivi e non macchine programmate per superare l'ennesima settimana verso il prossimo capello bianco.

E così questo week end, sulle note dell'album di Lindsay, sono partito verso la costa est per dare alle emozioni in note il giusto scenario cosi che occhi e orecchie godessero del piacere di essere ancora collegati saldamente ad un cuore e ad un cervello.

Ecco a voi Lindsay Stirling.






giovedì 9 ottobre 2014

Atlantis - Intellivision

Atlantide.
Il mitico continente sommerso citato da Platone nei suoi dialoghi.
Per secoli gli studiosi di tutto il mondo hanno cercato di provare una volta per tutte l'esistenza o meno di questa civiltà super avanzata scomparsa in un singolo giorno e notte di disgrazia.
Fin da bambini tutti sapevamo che cosa era Atlantide e grazie a fumetti, libri, film e quant'altro, sognavamo di poterci andare.
Come possiamo infatti dimenticare il Mistero Della Pietra Azzurra che proprio sui successori di Atlantide basava la sua storia?
Insomma l'idea di interagire con questo grande mito affascinava grandi e piccini.

Inevitabilmente dove c'è domanda prima o poi arriva anche l'offerta ed ecco che nel 1982, la neonata softwarehouse Imagic decide che il mito di Atlantide deve risorgere ed entrare nelle case dei consumatori per donar loro ore di intrattenimento cercando allo stesso tempo di farsi strada nel mercato ancora in fasce dei videogiochi per console.
Il risultato finale è Atlantis, il magnifico gioco per Intellivision con il quale ho cominciato davvero ad assuefarmi ai videogiochi.
Non avrò avuto più di 4 o 5 anni quando la fantomatica cartuccia arrivò a casa e ancora ricorso a memoria le varie musichette.
Da quella iniziale a quella triste che segnalava il fallimento della partita.

Atlantis era, come tutti i videogiochi dell'epoca, semplice ma geniale.
Armati di due torrette poste su due alture alle estremità dello schermo bisognava difendere la città sottostante da attacchi di navicelle aliene che dapprima sorvolavano la base senza attaccare ma successivamente, se non abbattute per tempo, cominciavano ad attaccare con potenti armi a raggi le strutture della vostra magnifica città, sterminando i vostri amati cittadini!
In caso di emergenza era possibile utilizzare pure un disco volante posto al centro della città sopra un altopiano che, anche se potente, poteva volare solo per pochi secondi prima di doversi rifornire.
Ore e ore a cercare di abbattere nemici sempre più veloci e letali.
In realtà a quell'epoca poco importava di arrivare alla fine del gioco.
Quello che era importante era il divertimento nello scoprire quale forma avrebbero avuto le nuove navicelle aliene e quanti punti si riusciva a strappare al gioco.
La bellezza e la ricercatezza dei giochi dell'epoca è ben nota e come possiamo dimenticare le carte che bisognava infilare sui comandi della Intellivision per personalizzare i pulsati in base al gioco.
Anche Atlantis aveva la sua ovviamente.



Nell'era dei grandi robot meccanici paladini dell'umanità,sempre presenti nei cartoni animati degli anni 70 e 80, prendere finalmente possesso di un arma creata per difendere una città dalla minaccia di un nemico inarrestabile, era sicuramente una droga ben studiata dalle case produttrici di videogiochi.
Assieme ad Astrosmash (uscito solo l'anno prima) questo gioco è stato per me uno dei migliori e ancora oggi quando passo ore al mio pc e fallisco in qualche gioco di strategia vedendo la mia base annientata ripenso al motivetto triste di Atlantis quando la mia città veniva spazzata via.